La tomba delle lucciole
La sera del 21 settembre 1945 Seita, un giovane ragazzo, muore di stenti nella stazione ferroviaria di Kobe, in Giappone. Nelle sue mani tiene solo una scatola di latta che contiene dei frammenti di ossa appartenenti alla sua sorellina Setsuko. Quando i passanti gettano via la scatola, appare il fantasma della bambina e subito dopo quello del ragazzo. Ha inizio così un lungo flashback che racconta la loro storia, cominciata nel giugno di quello stesso anno, durante il bombardamento di Kobe da parte degli Americani.
Uscito nell’aprile 1988 e distribuito in Italia a metà degli anni novanta il film d’animazione a sfondo storico del regista di Heidi si presta sicuramente a un’interpretazione di denuncia della guerra, di testimonianza delle conseguenze dei conflitti; invita senza dubbio a non dare nulla per scontato – dagli affetti alla sicurezza (economica, politica) e ad apprezzare anche le piccole cose della quotidianità che si possono perdere da un momento all’altro senza preavviso.
Ma nella figura e nel comportamento di Seita c’è anche una non troppo velata critica alla generazione cullata e cresciuta nelle false certezze del boom economico degli Anni 80 (e non a caso è una panoramica sui grattacieli moderni a chiudere il film): come rimproveratogli prima dalla parente che li accoglie e poi dai contadini del vicinato, il ragazzo, figlio di un ufficiale della marina del Grande Impero del Sol Levante, fugge dalla realtà e dalle regole imposte in tempo di guerra alla società, sentendosi piuttosto vittima degli adulti e lasciandosi trascinare dagli eventi con il risultato finale di non riuscire a provvedere per sé e per la sorellina.
La storia è raccontata con una sorta di neorealismo animato, che spiazza ancor più se si pensa al mezzo usato per metterla in scena: non ci sono concessioni leggere, momenti di respiro, parentesi spensierate che l’animazione potrebbe portarci ad attenderci. C’è invece un ritmo compassato, che ci permette di apprezzare l’elevato livello tecnico ed artistico con cui il film è realizzato, la cura nei fondali che riproducono la Kobe dell’epoca, lo spettacolare e quasi affascinante incendio che la distrugge, la poesia di alcune immagini; pause nella narrazione che consentono anche di ragionare sul dramma vissuto dai due fratelli, che piano piano sedimenta nello spettatore diventando intollerabile.
Martedì 23 febbraio, ore 21.30
ingresso 3,00 euro