La commare secca
“Questo film è stato girato contro di me” diceva Pier Paolo Pasolini nel lontano 1962, non certo con intenti dispregiativi. L’intellettuale bolognese passa all’allievo Bertolucci il soggetto per “La commare secca” che esce nelle sale cinematografiche appena un anno dopo di quel capolavoro chiamato “Accattone”. La pellicola è accolta con calore e trova il sostegno della critica nonché l’onore del plauso di Elsa Morante soprattutto perché riesce a stupire. Chi si aspetta lo sguardo indugiante sulle vicissitudini della classe operaia e proletaria delle borgate romane che Pier Paolo amava illustrare rimarrà infatti deluso. C’è poco Pasolini ne “La commare secca”.
In una Roma ancora devastata dai problemi dell’ultimo conflitto mondiale, lungo le sponde del Tevere viene rinvenuto il cadavere di una donna, una prostituta. La polizia istruisce delle indagini a riguardo e assume come punto di partenza le deposizioni di alcuni individui che si trovavano sul luogo del delitto approssimativamente nell’arco di tempo in cui era stato effettuato.
I testimoni mentono alla polizia riguardo il reale andamento dei fatti pur non avendo commesso l’omicidio ma semplicemente per nascondere altre attività illecite cui essi si dedicavano (taccheggio, sfruttamento della prostituzione, etc…), aspetto che per Pasolini sarebbe stato motivo di riflessione sulla condizione socio economica della popolazione umile italiana ma che in Bertolucci carica la pellicola di suggestivi connotati grotteschi.
Se lo scenario di una capitale degradata rimane una costante invariata lo scopo di Bertolucci è quello di ricalcare il profilo psicologico di tutti i protagonisti riuscendo a fornire allo spettatore una galleria di ritratti umani fra falliti e frustrati, mezzane e anime perdute.
Martedì 7 febbraio, ore 21.30
ingresso 3,00 euro