Non essere cattivo

L’ultimo film di Claudio Caligari, 17 anni dopo L’odore della notte, è un altro excursus nei luoghi oscuri non solo dell’hinterland romano, ma dell’animo umano e della società contemporanea, raccontato attraverso due figure di confine, Vittorio (Alessandro Borghi) e Cesare (Luca Martinelli),  l’una encomiabile per la sua volontà di tirarsi fuori dalle sabbie mobili della propria condizione, l’altra patetica per l’incapacità strutturale di farlo.

Con Non essere cattivo Caligari parla di spacciatori di droga periferici, che sono anche drogati, e delle loro donne, dei loro figli, del loro habitat, in una Ostia (già raccontata in Amore tossico: è evidente che il registra la conosce bene e sa di cosa parla) che è tanto assolata quanto squallida e provvisoria come tante periferie del mondo. L’ambiente e i personaggi sono pasoliniani (Accattone è il riferimento essenziale, ma anche Morte di un amico di Franco Rossi, scritto da Pasolini con Giuseppe Berto, per il legame tra i due protagonisti Cesare e Vittorio), però dimensionati in un oggi che è un eterno oggi, dove le storie si ripetono di padri in figli e di generazione in generazione, con le stesse ricorrenze.

Una società nemica; un potere generalmente distante e dimentico salvo che per una polizia che reprime senza che niente cambi; un ambiente – vedi le scene sui cantieri e sulla loro gestione – dove il lavoro è poco e non offre garanzie di sorta; donne supine che quando sono sveglie vengono presto ricondotte al loro essere secondarie anche nella marginalità, anche nella sofferta solidarietà con i loro uomini; bambini vittime o destinati a ripetere le gesta degli adulti. Un mondo vero, che sfioriamo quotidianamente, ma da cui siamo protetti solo per appartenenza di ceto o per la voluttà di un agire da servi, di una “carriera” da servi.

“La vita è dura e se non sei duro come la vita non vai avanti”, dice Cesare, il più mosso, nevrotico, aggressivo dei due amici. E “andarsene da tutta ’sta merda” è più facile a dirsi che a farsi. “I sòrdi ce vonno”, e di conseguenza lo spaccio, perché “tanta gente ce campa”. I cattivi non sono solo cattivi, e non sempre è colpa loro se lo sono. La differenza con tanti film e libri che hanno cercato di raccontare questo purgatorio senza uscita è che Caligari lo conosce bene e ama i suoi personaggi, anche i più trucidi, perché sa vedere oltre e dentro. Perché sa, mentre quasi sempre gli scrittori e i registi non sanno, cioè vedono con gli occhi di chi sta fuori e non pensano neanche lontanamente a farsi carico di quei dilemmi, di quella condanna. Non capiscono e non possono capire, ma sono loro a costituire le schiere della “cultura” e i complici o difensori di fatto di quest’ordine delle cose, quali che siano le loro opzioni ideologiche: in questa Ostia non ci sono grandi bellezze, e neanche piccole e medie.

Martedì 24 gennaio, ore 21.30

ingresso 3,00 euro