Linee di confine
frontiere, illusioni, attraversamenti
Ogni confine è una linea, quando reale o territoriale, quando immaginaria o anche culturale, che presuppone una duplice esistenza: due persone, due comunità, due nazioni, due quartieri e perfino due realtà interiori.
Nell’epoca che stiamo vivendo i nostri occhi, le nostre sensibilità, sono attraversate da immagini di uomini che tentano fughe disperate da territori e governi che esercitano su di loro violenze e coercizioni di ogni tipo, e che si misurano costantemente con la difficoltà, spesso l’impossibilità, di attraversare proprio quelle linee costruite o inventate a tavolino col falso scopo di proteggere quello che c’è dentro, ma che si rivelano soltanto mezzi di separazione autoritaria da tutto quello che c’è fuori: il dentro dal fuori; il fuori dal dentro.
Se si guarda al semplice paesaggio naturale, a quelle catene montuose, a quelle pianure sterminate, a quei mari profondissimi, non troveremo traccia alcuna di costruzioni artificiali, muri, cordoni o fili spinati che dir si voglia ad indicarci dove finisce un mondo e dove ne inizia un altro. Eppure le carte geografiche sono piene di linee e tratteggi che impongono diversi “gradi di separazione” tra quello che è “nostro” e quello che è “vostro”, tra chi è “straniero” e chi è “di casa”, tra quello che qui non si può fare e quello che da altre parti… sono affari loro.
Sarà per questo motivo, in assenza di separazioni arbitrarie poste in essere dalla natura, che l’uomo ha avuto la necessità di “fortificarsi” ergendo muri lunghi anche migliaia di kilometri, di fatto indefendibili ma pur sempre visibili, di rendersi schiavo con la convinzione di essere libero, o di recludere qualcun’altro con l’assurda intenzione di renderlo “innoquo”.
Ed ecco che dietro ad ogni muro di città o di frontiera il confine sembra quasi rappresentare una debolezza latente, l’umano bisogno di riparo e di riconoscimento che “sconfina” nell’annessione aggressiva di tutto quello che sta intorno con la presunzione autoritaria di renderlo “salvo” soltanto perchè ora si trova al di qua e non più al di là.
Ed è proprio di “salvezza”, intesa come solitudine, che si dovrebbe parlare quando quei confini non sono più impiantati nel territorio, controllati da radar e vedette legittimate da leggi ad hoc, ma quando sono le barriere esistenziali tracciate in mezzo alle nostre relazioni, o quando la fuga dalla realtà ci appare come quell’attraversamento necessario per darci l’illusione che possa e che debba esistere una libertà illimitata. Ma è proprio nel momento stesso in cui l’atto o il pensiero di “sconfinare” ci appare troppo facile e immediato che sta per ergersi quella gabbia invisibile, l’unico muro davvero invalicabile, che ci estranea dal mondo e dalle persone.
Nel percorso cinematografico che ci apprestiamo a cominciare abbiamo voluto esplorare quanti più confini possibili, mostrando sia i muri che sono stati decisi dai potenti a difesa (e separazione) dei propri interessi, sia quelli che ognuno di noi potrebbe costruire intorno a se stesso, spesso senza rendersene conto, nella convinzione, o nella speranza, di preservarsi dalla pericolosità del mondo e dalla precarietà dell’esistenza.
15 marzo, Pink Floyd The Wall, di Alan Parker
Diretto Alan Parker e ideato da Waters, lungometraggio ispirato all’omonimo doppio album dei Pink Floyd con animazione realizzata da Gerald Scarfe, The Wall narra la storia di Pink, fragile cantante di un gruppo rock incapace di salire sul palcoscenico senza aiuti artificiali. Simbolo di un disagio esistenziale ineluttabile, il giovane pesca nel fondo della sua memoria folle e ripercorre i momenti non sempre felici della sua vita, tappe in cui giorno dopo giorno ha costruito un muro attorno a sè per proteggersi dal mondo circostante.
A seguire:
22 marzo, Her, di Spike Jonze
29 marzo, Home, di Ursula Meier
5 aprile, Dieci, di Abbas Kiarostami
12 aprile, Muri, di Francesco Conversano
Sempre di martedì, sempre alle 21.30
Vi aspettiamo