Di rappresentanza in rappresentanza
Assistiamo da anni, in particolare da quando le forze della sinistra parlamentare hanno visto assottigliarsi prima, sparire poi del tutto la loro presenza istituzionale, a una serie molto lunga di iniziative di ricomposizione, di stampo ora dichiaratamente politico, ora sindacal-politico, ora movimentista…Le diverse scadenze elettorali hanno presentato mistioni varie, alcune prima del tutto impensabili, che hanno tentato di dare veste nuova alle varie compagini, dal colore arancione, alle liste civiche, alla raccolta intorno a costituzionalisti e magistrati, allo sguardo in Grecia. Nessuna di queste ha avuto un reale successo, tutte hanno manifestato l’endemica tendenza alla divisione, al personalismo, al fare più uno, alla battaglia di sigla.
Ma non vogliamo certo piangere sull’incapacità a sinistra di creare una coalizione, tanto più un partito, in grado di superare le varie soglie di sbarramento per arrivare a poter disporre nuovamente di deputati e consiglieri. Vogliamo piuttosto criticare il terreno comune a tutti questi inutili sforzi, cioè riprodurre sempre e comunque strumenti utili al meccanismo della rappresentanza. Anche quando si sceglie il nome di coalizione sociale, il punto di riferimento ultimo è quello di creare una rappresentanza del lavoro compatibile col sistema stesso della rappresentanza. Il fallimento ormai storico di questo approccio non induce a un radicale ripensamento, bensì ad aggiustamenti, spostamenti, cambi di nome. Come anarchici ribadiamo che qualsiasi meccanismo che corrisponda al sistema di cui pretende di essere un’alternativa, è destinato, per la comunanza strutturale, a diventare funzionale a quel sistema. La reazione alla legislazione che annulla la libertà di chi lavora deve venire dall’impegno diretto e attivo, non delegato, che poggi su una comune idea di riscatto. Un riscatto non semplicemente volto al progresso delle condizioni lavorative, ma a un radicale ripensamento dei meccanismi sociali. Molti dei lavori di oggi, tra l’altro, niente più che merci e proprio come queste, sono creati ad arte per esaurirsi entro un breve lasso di tempo, rendendo quindi sterile ed ancora più umiliante qualsiasi prospettiva o rivendicazione di continuità. Non chiedere più tempo libero, ma riprendersi tempo liberato. Non solo chiedere il diritto di non essere licenziato senza giusta causa, ma rivendicare la libertà di determinarsi complessivamente. Creare una solidarietà fattiva, un protagonismo libertario, contrapporre alle strutture dominanti un’alternativa che le metta in discussione radicalmente, non ne ripeta le logiche e, perciò, in ultima analisi le finalità.
Libreria Anomalia
Centro di documentazione anarchica