Critica al giudizio psichiatrico
Antonucci, Giorgio
Il potere degli psichiatri negli ultimi anni è aumentato notevolmente. Essi hanno esteso il loro campo d’intervento inventando nuove diagnosi. Se la psichiatria classica aveva elaborato alcuni concetti che si riferivano a situazioni estreme, quella contemporanea estende le sue categorie a situazioni della vita che nessuno in passato avrebbe mai pensato potessero entrare nella sua sfera di attribuzione. Oggi, quindi, la situazione è ancora più drammatica di quanto non lo fosse nei primi anni 90, quando fu pubblicato per la prima volta questo libro. Drammatica e velata dal falso discorso secondo cui i manicomi in Italia non ci sono più. E’ vero, infatti che le vecchie istituzioni sono state smantellate nel senso che non vengono più ricoverate altre persone, ma molti dei lungo internati rimangono ancora oggi chiusi in edifici che hanno cambiato solo denominazione. Permane inoltre il trattamento sanitario obbligatorio (TSO), in base al quale si può prendere una persona con la forza, portarla in una clinica psichiatrica e, con la forza, costringerla a cambiare i suoi pensieri ed i suoi comportamenti. In questo modo gli psichiatri possono intervenire su chiunque e non è confortante che intervengano solo quando questo è utile a qualcuno, a qualcuno che ha potere e che può decidere su chi ne ha meno. Perciò la critica va portata alla radice, al giudizio psichiatrico. Infatti, definire malata di mente una persona implica che tutto quello che fa, dice, sente, viene considerato privo di senso. Togliendo il significato al pensiero la psichiatria toglie anche la responsabilità alle persone, annullandole. L’uomo privato della produzione di senso e dell’attribuzione di responsabilità non esiste più. In un mondo dove ognuno è solo con il proprio dolore.
casa-editrice: Sensibili alle Foglieanno: 2005
isbn: 9788889883013
euro: 13,00